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Una battaglia tra le norme del Diritto della navigazione, Diritto consuetudinario e clandestinità.
All’aurora di una giornata estiva del 1964 il peschereccio F. Ferri, al comando di R. Piraini con altri sei uomini di equipaggio, effettua un recupero in Alto Mare, a 43 miglia dalla costa di Fano (Pesaro) ed a 27 miglia dalla costa iugoslava (Croazia), alla profondità di 75 metri (Scogli di Pedaso), viene riportata alla luce una statua di grande valore: l’Atleta di Lisippo dell’Antica Grecia. Una scultura in rame, stagno e bronzo del periodo ellenistico (IV secolo avanti Cristo). Si suppone che la nave greca fosse diretta verso Ancona; dopo il naufragio si sia inabissata con la scultura (alta 1,52 metri dai polpacci in su).
La statua, ribattezzata come “Atleta di Fano”, prima fu depositata nel sottoscala della proprietaria della barca e poi per sviare la curiosità delle molte persone, fu interrata in un campo di cavoli. Da qui, in breve tempo, la statua finì nelle mani di un acquirente, un antiquario che l’acquistò per 3,5 milioni di lire di quel tempo. Seguì una denuncia alla Magistratura da parte dell’Autorità marittima e della Finanza, con l’accusa a carico dell’antiquario di aver acquistato e occultato un’antica opera d’arte, in danno dello Stato. L’antiquario ed i suoi complici furono assolti dal Giudice di I° grado, dichiarati colpevoli da quelli della Corte d’Appello di Pesaro, rinviati al giudizio della Corte di Cassazione di Roma: riconosciuti definitivamente innocenti. Intanto l’Atleta “prese il volo” e approdò al Getty Museum USA.
La scultura bronzea di Lisippo è ora rivendicata dal nostro Ministero dei Beni culturali. Ma gli avvocati del Getty Museum ritengono infondato l’attuale reclamo dal momento che lo Stato italiano, negli anni del processo, non si costituì parte civile. Il Ministero dei B.C. ribatte che l’uscita del reperto dall’Italia in maniera clandestina è prova d’illegalità da parte del museo americano. Gli avvocati USA replicano che non c’è prova di violazione delle norme che regolano l’esportazione e che in Italia non c’è mai stata una condanna da parte della Magistratura di esportazione illegale di reperti archeologici: condizione essenziale richiesta dal Diritto consuetudinario per ottenere la restituzione. Il Ministero ricorda che il Diritto della navigazione considera la nave, in Alto Mare battente bandiera italiana, un pezzo di suolo italiano, e come tale deve essere considerato anche il reperto archeologico recuperato (“l’Atleta di Fano”) nei fondali di acque internazionali.
C’è un altro dato importante a favore della tesi italiana: l’Atleta non ha i piedi, probabilmente staccatisi nel momento in cui la statua fu salpata. L’assessore provinciale di Pesaro ha un’idea: la Marina militare italiana collabori con quella croata (la Croazia rivendica qualcosa perché il ritrovamento è avvenuto in acque della sua zona economica esclusiva –v. par. 4 Cap. I – zona però che al momento del ritrovamento non era ancora costituita). La collaborazione sarebbe mirata al fine di recuperare i piedi. A recupero avvenuto il Ministero avrebbe la carta vincente per riavere l’opera d’arte: l’Unesco riconoscerebbe l’Atleta di Lisippo come patrimonio dell’Umanità da conservare, nella sua interezza, nel Paese di provenienza (Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare).
Sintesi dell’articolo di Neste Morosini sul Corriere della Sera del 10 – 7 –2007. Da Internet (Wikipedia) traiamo (Maggio 2009): la contesa Italia-Museum non è ancora conclusa. Nella Procura della Repubblica di Pesaro è ancora in corso il procedimento giudiziario. La Procura ha chiesto la confisca della statua per i reati di contrabbando e di esportazione clandestina.