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Memorie del Comandante Mario Devoto
Andai per mare la prima volta in una serena giornata di Settembre, tanti anni fa. A quel tempo la Marina Mercantile Italiana si stava faticosamente riprendendo dalle forti perdite subite negli anni della guerra e gli Stati Uniti avevano contribuito alla rinascita cedendo numerose navi costruite negli anni del conflitto. Si trattava dei Liberty, navi semplici, essenziali, innovative per il metodi di costruzione, essendo le prime navi saldate; ma ancora prive di sistemi di ausilio alla navigazione, di radar, di girobussole, di strumenti elettrici o satellitari quali quelli in dotazione alle navi moderne. Per navigare su quel tipo di navi bisognava essere veramente bravi marinai. Fu su una di quelle navi che m’imbarcai, un Liberty che da La Spezia sarebbe andato a Norfolk (Virginia) a caricare carbone. Passammo lo stretto di Gibilterra di giorno ed appena iniziata la traversata atlantica cominciammo a rollare. Navigavo perché imbarcarsi a quel tempo era un’occasione di lavoro, per tradizione familiare ed anche perché il mare mi affascinava, come mi avevano affascinato le letture giovanili (di Jack London, Conrad…). Quello che non sapevo allora era che il mare, il grande mare Oceano, sarebbe stato un’enorme parte della mia vita ed anche un grande amore.
Ho ancora un ricordo vivissimo del primo imbarco, dell’impatto con la vita di bordo, della figura del Comandante, un vero Master. Durante quel primo imbarco ebbi il battesimo del Mare del Nord. Una difficile palestra per ogni marinaio. Si afferma: chi sa navigare in quelle acque può navigare in qualsiasi altro mare. Passammo il Canale di Keel che mette in comunicazione il Mare del Nord col Mar Baltico. All’altezza di Amburgo le sponde del canale erano verdissime di erba e tanto vicine alla nave che sembrava di procedere in un mare di erba e di papaveri. Ho navigato, negli anni successivi, su navi più moderne, su petroliere italiane della Nai e dell’Almare; ho toccato i porti di cinque continenti transitando varie volte attraverso Suez, Panama, Golfo Persico, Dardanelli e Bosforo, solcando gli oceani e doppiando i capi di tutto il mondo.
Andar per mare per lunghi mesi trasportando merci da un porto all’altro della Terra non è certo come navigare per diporto. Il marittimo non è un novello Ippolito che, beato, ai suoi verdi anni correva di Grecia il mare. Il marinaio, oltre all’amore per il mare, porta con sé senso di responsabilità e sacrificio, professionalità e coraggio. Dovrà affrontare il gran caldo, il grande freddo, la solitudine, la lontananza e la separazione dalle persone care, dagli affetti, dovrà ad ogni partenza crearsi un nuovo spazio su una nave diversa con nuovi colleghi, nel profondo rispetto della disciplina che trae norme dal Codice della Navigazione, che prevede una sola gerarchia ben precisa, un’organizzazione per garantire il perfetto funzionamento e la sicurezza di lavoro di tutto l’equipaggio.
Andar per mare è una dura scuola di vita. Per un comandante significa saper affrontare il mare senza mai sfidarlo, conoscerlo come si conosce se stessi, sapere a fondo le qualità della nave per prevedere come essa risponderà ai comandi in qualsiasi momento o in qualsiasi emergenza difficile. Tutto questo con la precisa consapevolezza dei propri limiti e di quelli della nave. Nonostante tutto, andar per mare rimane sempre una bella avventura. Vi sono emozioni, nel navigare, di cui un marinaio difficilmente parlerà, specialmente se è ligure, poco incline alla confidenza, ma di cui altrettanto difficilmente si potrà dimenticare: certi tramonti, certe albe ed aurore, passare dai tropici con certe notti, i silenzi del crepuscolo che ‟inteneriscono il core”, l’amicizia del compagno, superiori o subalterni che siano, le confidenze brevi, sparute, gli scherzi, le partite a carte, i film, qualche bevuta, dieci balene che passano, incrociare una nave conosciuta e salutarla con la sirena.
Scendere a terra in gruppo, scendere per il piacere puro di camminare sulla terraferma, per sedersi al tavolino di un bar davanti al porto con una bibita ghiacciata e guardare da lì la tua nave ferma e sapere che senza di te non partirà perché aspetta il tuo ritorno.
È finito da diversi anni il mio tempo ‟andar per mare”. Non è finita e forse non finirà mai la mia nostalgia.
Comandante Mario Devoto.
Mi ha fatto molto piacere leggere il suo post, Comandante.
Sono figlia di un marinaio ligure, che ha navigato 30 anni in lungo e in largo.
Ora mio papà è salpato ( come piace dire a me ) e sta cercando un porto sicuro dove noi, quando sarà il momento lo raggiungeremo.
Quando ha smesso di navigare e sopratutto ultimamente quando la PBCO stava avendo il sopravvento ( quante sigarette hai fumato , papà quando stavi notti in piedi sfidando la tempesta ?), ci ripeteva che gli mancava il “respiro del mare “.
Aveva deciso di voler navigare a 5 anni, quando dalla finestra di casa al Righi, stava ore a guardare manovrare le navi che entravano e uscivano dal porto.
Poi la guerra , la casa centrata in pieno durante un bombardamento, la nuova in Veneto dove era nata la nonna e diventa agronomo …. ma finito il conflitto mondiale , ritorna a Genova si iscrive al Nautico. Deve recuperare gli anni persi quindi si diploma in 3 anni !
Si iscrive all’accademia di Livorno.
Quei 18 mesi sono stati un periodo bellissimo per lui.
Diceva che la disciplina che aveva imparato era stata fondamentale per navigare.
Durante la crisi di Suez ha circumnavigato l’Africa.
Poi il periodo degli assalti dei pirati nigeriani alle navi alla fonda.
E’ stato abbordato 2 volte. Ma , grazie a dio, è riuscito ad avere la meglio.
Il suo rimpianto: non essere stato in Australia.
Nel suo cuore: i fiordi norvegesi e l’Islanda.
Buona serata
Eleonora Tonoli