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Li abbiamo salvati grazie al radiogoniometro

Posted on : 16-09-2012 | By : admin | In : Moderna

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APPROFONDIMENTI E INTEGRAZIONI AL CAPITOLO IV

COMUNICAZIONI CON LE RADIO-ONDE

STORIE DI MARE RACCONTATE DA MARCONISTI.

“Li abbiamo salvati grazie al Radiogoniometro”

a cura del Capitano Lungo Corso Ufficiale Marconista Domenico Nicoli

Il ruolo del Marconista è nato dalla volontà di molte Nazioni marinare a porre il problema della salvaguardia della vita umana in mare.
Traccio un profilo delle attività del Marconista, poi dirò di un salvataggio.
Per conseguire il certificato internazionale di Radio telegrafista di I classe si frequentava una scuola specializzata di 2 anni e 6 mesi. Materie di studio: Elettrotecnica, Radiotecnica, Radiogoniometria, Comunicazioni, Inglese, Diritto.
La pratica: ricevere e trasmettere con i famosi tasti Morse degli Uffici Postali. Terminato il corso, si sosteneva l’esame a Roma, al Ministero delle P.P.T.T. Il primo scoglio era ricevere e trasmettere un brano di 10 righe in Morse alla velocità di 180 caratteri al minuto (3 al secondo!). Errore massimo tollerato: 3 caratteri. La tensione tra i candidati era grande, palpabile. Alcuni bevevano strani intrugli per calmarsi! Altri abbandonavano quasi subito la cuffia sul banco e rinunciavano. Dopo questa prima severa selezione, il giorno dopo si affrontava la prova orale.
Incominciava la vita del navigante. Le difficoltà non erano finite. Non essendoci, in tabella, l’allievo Marconista, si avanzava la domanda, all’ufficio di armamento, per imbarcare come giovanotto di coperta. Di giorno si era agli ordini del nostromo per i lavori in coperta, di sera si saliva in Stazione Radio per fare pratica. L’impatto con la realtà era duro; sembrava impossibile distinguere, fra le tante chiamate sulla 500 Kc/s, quella che poteva interessare. Grande fu l’emozione della prima volta: usare il tasto e contattare la stazione R.T. di terra. Solo dopo alcuni mesi si riusciva a capire la cadenza di trasmissione dei vari operatori delle stazioni terrestri. Essenziale è stato l’aiuto dell’ufficiale Marconista titolare. Superato il tirocinio di qualche mese, si poteva imbarcare con la qualifica di II Ufficiale Marconista.
Era l’ultima prova, si sentiva addosso la responsabilità di lavorare da solo.
Il servizio cominciava alle 8 di bordo e con l’alternanza di 2 ore di lavoro e 2 di riposo, si arrivava alle 22, salvo imprevisti. Prima di smontare si provava il ricetrasmettitore di emergenza alimentato da accumulatori e s’inseriva l’autoallarme, un ricevitore sintonizzato solamente sulle frequenze di soccorso, con suoneria che scattava ad eventuali chiamate. Durante la giornata si ascoltava la “lista traffico” emessa dalle stazioni R.T. di terra per avvertirci di eventuali telegrammi e telefonate in arrivo. Nello stesso tempo si teneva “un orecchio” sulla frequenza di soccorso. Sembrava un po’ strano il riuscire a seguire contemporaneamente vari servizi e selezionare nel contempo 4 o 5 stazioni. Oltre a smaltire il traffico terra/mare, si riceveva (e si stampava) il bollettino meteo, il notiziario stampa dell’Ansa, l’ora esatta di Greenwich per controllare la marcia del cronometro di Plancia (fondamentale per le osservazioni astrali da parte degli Ufficiali di coperta). In navigazione lungo le coste canadesi le autorità marittime lanciavano avvisi per segnalare la presenza di iceberg.
Si rispettavano giornalmente gli appuntamenti con le navi sociali e nei viaggi Nord-Sud America si seguiva l’evolversi dei cicloni stagionali.
A volte, in porto, si dava una mano all’Ufficiale addetto al carico.
Quando la sosta della nave si prolungava, il Marconista ne approfittava per fare il turista. Ho parlato finora della vita sulle navi da carico.
Vi era poi il Marconista delle navi passeggeri. Doveva superare un esame per diventare di ruolo in una delle due società concessionarie: SIRM (navi del gruppo Finmare, prevalentemente passeggeri) e Telemar (navi da carico). Sulle navi passeggeri 4 marconisti coprivano i turni di guardia ed un Primo Ufficiale Marconista responsabile del servizio. Il lavoro era massacrante; si arrivava a lavorare anche 12 ore al giorno: 3 Ufficiali Marconisti fissi per l’ascolto sull’onda di soccorso, per collegamenti con tutte le stazioni radio RT e RTF interessate, ricezione dei bollettini meteo, del notiziario stampa italiano e americano, con i resoconti della Borsa di New York, e telefonate a non finire. Nelle poche ore libere c’era lo svago: incontri con gente di ogni nazionalità, musica, cinema, palestra e Buffet. Sui grossi transatlantici il tempo volava; ma quando la prua era diretta verso l’Italia, era il pensiero a volare: verso casa.
Le nuove tecnologie delle telecomunicazioni e del computer hanno superato le difficoltà di taluni radiocollegamenti intercontinentali che, quando riuscivano, davano soddisfazione: si aspettavano le ore notturne per sfruttare al meglio la propagazione ionosferica, scegliendo opportunamente la frequenza migliore nella banda delle onde corte. C’era anche il riconoscimento del Comandante. Un po’ di nostalgia. Richiamata talvolta da casuali segnali Morse nelle r.o. foniche: ma soprattutto perché la mente va ai ricordi di tempi di un passato migliore del presente, alla gioventù.
S O S. Al mio secondo imbarco ero su una petroliera di 60000 Tons in viaggio dal Golfo Persico verso gli Stati Uniti. In pieno Oceano Atlantico siamo investiti da vento di burrasca e mare grosso; visibilità molto ridotta. In ascolto sull’onda di soccorso riesco confusamente a captare un debole segnale di SOS. Tra la grande confusione di altre navi in zona, riesco a contattare la nave in pericolo: un cargo di 4 mila Tons in difficoltà per lo spostamento del carico, in balia delle onde da molte ore, senza dare alcuna posizione stimata. Avverto subito il Comandante che mi suggerisce di passare al radiogoniometro. Chiedo al collega della nave pericolante di inviarmi periodicamente segnali su frequenze più tranquille, meno disturbate. Aspetto. I minuti passano. Il panico e l’angoscia, per non poter captare il segnale, aumentano. Trascorrono ancora 15 o 16 minuti: nulla! Il Comandante mi
suggerisce d’insistere; dopo pochi minuti riesco a sentire il segnale e mi affretto ad individuare la direzione della nave pericolante (all’ascolto del minimo). Dal polare al vero (con la prora) la direzione del rilevamento diventa la rotta della nostra nave. Viene aumentata la velocità. Più si procedeva sulla rotta di soccorso più l’intensità del segnale della nave aumentava. Mi sentivo sollevato. Dopo 4 o 5 ore di navigazione, dopo una mia seconda misura di rilevamento, viene localizzata la nave sulla carta nautica, con sollievo di tutti e mio in particolare. Poco dopo vengono avvistati due gommoni – scialuppe in mare. Il Comandante si mette in contatto VHF e predispone il recupero dei naufraghi. Con forza 7/8 era impossibile, perché pericoloso avvicinarsi a quelle fragili scialuppe di salvataggio. Contatta una petroliera accorsa anch’essa in zona, e la invita di gettare fusti (aperti) di olio e petrolio intorno alla zona dei naufraghi. Solo così, con un mare di molto abbonacciato, siamo riusciti a mettere in salvo l’intero equipaggio e portarlo con noi verso New York. Intanto calava la sera e il mare s’impossessava della piccola preda. Un’esperienza indimenticabile.

Livorno, Giugno 2006

Commenti (1)

Piergiorgio IS0SDX, di Cagliari classe 1948, preso dalla passione per la radio e la telegrafia, all’età di sedici anni si avvicinò alla telegrafia frequentando un corso professionale presso l’Istituto Nautico Buccari di Cagliari nel 1964. Dopo i normali studi, nel 1965 si arruolò in Marina e successivamente venne assegnato alla categoria Radiotelegrafisti svolgendo per 31 anni il lavoro di RT nelle stazioni Radio a bordo delle Unità Navali e nelle Stazioni Terrestri svolgendo, inizialmente, compiti di Operatore Radio nelle frequenze aeronavali e nave-terra nelle modalità di emissione A1A. Come Radiotelegrafista della Marina Militare, fa parte di quella schiera di RT che ha chiuso la porta a questo nobile mestiere, giungendo alla fine della carriera in concomitanza con la cessazione di questa Arte. Questo meraviglioso lavoro gli ha dato la possibilità di operare sia a bordo delle navi, sia nelle stazioni costiere e non ha mai accettato altri impieghi se non inerenti alla radio, per questo motivo ha navigato un pò più a lungo, ma tutto ciò lo ha gratificato andando in quiescenza sereno e senza alcun rimpianto. Il 1 gennaio 1997 si è ritirato, a domanda, dal servizio attivo.

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