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La propulsione navale

Posted on : 16-09-2012 | By : admin | In : Moderna

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APPROFONDIMENTI E INTEGRAZIONI AL CAPITOLO XI

PIANIFICAZIONE ED ESPERIENZE DEI COMANDANTI

9. LA PROPULSIONE NAVALE.

A cura del Direttore di macchina della Società Costa e
docente presso l’Accademia della Marina Mercantile di Genova

Cesare Zaniboni

1) La propulsione navale a vapore.

Un impianto di turbo propulsione navale è costituito essenzialmente da generatori di vapore (caldaie) corredati da più bruciatori che generalmente producono vapore surriscaldato con pressioni medie di 55kg/cmq e temperature di 450°c.
Questo vapore opera all’interno di turbine, cedendo potenza meccanica, che attraverso un riduttore di giri viene trasmessa all’elica.
Il vapore, dopo aver lavorato in turbina, viene scaricato al condensatore richiamato dal vuoto (pressione negativa) che opera all’interno dello stesso. Qui il vapore, subendo una sottrazione di calore grazie alla circolazione di acqua mare, ritorna allo stato liquido e la condensa ottenuta attraverso pompe di alimento, ritorna in caldaia.
Anche se la descrizione sopra illustrata può dare la sensazione di semplicità nell’impianto, altrettanto non si può dire nella realtà: in effetti gli apparati motori delle turbonavi erano molto complessi non solo per le motrici principali, ma anche per gli ausiliari che servivano per il funzionamento dell’intero sistema. I generatori elettrici erano generalmente trainati da turbine, le pompe di alimento delle caldaie erano condotte da turbine, erano necessari buoni evaporatori per la produzione di distillato per le caldaie, i vari spillamenti sulle turbine principali ottimizzavano il ciclo termico, ma indubbiamente complicavano l’impiantistica e sicuramente andando avanti su questo tema, si potrebbero scrivere molti capitoli. Ma allora quali erano i vantaggi? Innanzi tutto elevate potenze: infatti la turbina sfruttando l’azione dinamica del vapore, non necessitava di grossi volumi per esprimere alte potenze. In questo periodo i motori a combustione interna erano ancora condizionati da molti fattori che limitavano la potenza. Altro vantaggio era quello di poter bruciare combustibile di tipo scadente (bunker C) e benché i consumi specifici della turbina fossero elevati (si poteva arrivare anche a 400/500 gr/CVasse h !!) i costi del fuel erano molto bassi e l’incidenza sul costo generale della nave era minima.
In particolare la turbina ebbe un forte sviluppo dal 1950 in poi: non possiamo dimenticare navi pax quali Andrea Doria, Cristoforo Colombo, ma è necessario anche dire che intorno al 1960 la turbina trovò impiego su molte navi da carico, in particolare su petroliere, porta contenitori, portarinfuse e metaniere.
Vari erano i motivi che consigliavano la propulsione a vapore sulle navi da carico: prima di tutto il gigantismo (petroliere e portarinfuse), la necessità di grosse quantità di vapore per gli ausiliari (petroliere: turbo pompe per il carico, riscaldamento cisterne, etc.), elevate velocità per ridurre i tempi di trasporto (portacontainer) ed in ultimo la possibilità di bruciare in caldaia il boil-off (metaniere).
Da menzionare dopo il 1950 la propulsione nucleare in campo militare: un reattore produceva vapore, e questo agiva su turbine collegate con riduttore all’elica.
Nel 1959 venne varata la prima nave mercantile a propulsione nucleare (Savannah), ma l’esperimento non ebbe successo, e nel 1972 la nave venne messa in disarmo: i costi elevati per la costruzione e la necessità di personale specializzato per la conduzione ne hanno condizionato lo sviluppo. Non si può dimenticare che in campo militare ci sono stati diversi gravi incidenti su questo tipo di propulsione, con vittime ed inquinamento dell’ambiente; non ultimo la difficoltà di smaltire le scorie radioattive del reattore.
Tra il 1950 ed il 1965 vennero costruite turbo navi sempre più grandi, veloci ed in particolare nel settore passeggeri più lussuose e prestigiose purtroppo sempre meno economiche!

Diversi fattori contribuirono a determinare la fine della propulsione a vapore (trasporto aereo), ma quello determinante fu la crisi energetica del 1973: molte navi passeggeri vennero messe in disarmo oppure – nell’ottica di ridurre i consumi – “deratizzate”: gli impianti di propulsione venivano modificati con operazioni di “power derating” che ne riducevano la potenza, la velocità e conseguentemente i consumi.
Il declino degli apparati a vapore fu irreversibile, per lasciare spazio ai motori diesel certamente con consumi specifici minori.
Fu durante quel periodo che i costruttori di motori videro l’opportunità di sostituire un concorrente che fino ad allora sembrava invincibile, ed impiegarono tutte le loro forze nell’ottica di ridurre ulteriormente i consumi, adattare i motori a bruciare nafte sempre più scadenti ed aumentare decisamente le potenze.

Presto le potenze dei motori raggiunsero la soglia dei 50 MW, facendo decadere in tal modo la scelta di impianti a vapore per avere elevate potenze.
L’impiego di motori diesel, trovò ulteriore spazio di mercato, in quanto l’armamento mondiale abbandonò il fenomeno del “gigantismo” e si indirizzò verso navi di tonnellaggio medio.

2) La propulsione navale con motori diesel.

Oggi l’apparato di propulsione più sviluppato sulle navi è costituito dal motore diesel generalmente così classificati:
motori a due tempi lenti, con velocità di rotazione compresi tra i 70 e 150 RPM, impiegati come motori di propulsione di massima accoppiati direttamente all’elica.
motori a quattro tempi semiveloci, con giri al minuto compresi tra 400 e 750 ed impiegati per propulsione tramite riduttori di giri o generatori di corrente.
motori a quattro tempi veloci, con velocità di rotazione compresa tra 800 e 2500 RPM ed impiegati per propulsione accoppiati a riduttore di giri o generatori di corrente.
Tutti questi motori sono sovralimentati, ovvero i gas di scarico vanno ad agire su una turbina che aziona un compressore e permette di inviare aria in pressione ai cilindri, bruciare più combustibile, elevando in tal modo la potenza; questo aumento di potenza è stabilito confrontando a parità di volume un motore aspirato, dove la carica d’aria all’interno del cilindro è a pressione atmosferica.
Un’altra importante suddivisione dei motori è relativa al numero di corse che il pistone effettua in un ciclo completo: in italiano queste corse sono definite (forse impropriamente) “tempi” e da qui i motori a 4 tempi ed i motori a 2 tempi.
Sostanziale differenza visiva tra i 4 tempi ed i 2 tempi, sono le valvole sulle testate: nel primo caso abbiamo valvole di aspirazione e scarico, mentre nel secondo solo valvole di scarico in quanto la carica dell’aria avviene generalmente attraverso delle aperture sulla camicia dette “luci”.
Ancora una caratteristica che differenzia i motori: esistono motori in linea e motori a “V”.
Queste denominazioni vengono dalla disposizione dei pistoni: in particolare i motori con i pistoni disposti a V soddisfano le esigenze di particolari locali macchina dove sono necessarie discrete potenze con ingombri in altezza limitati (es. traghetti con garage che limitano l’altezza del locale macchina).
La transizione tra la propulsione a vapore e quella dei motori diesel, ha portato anche delle sostanziali modifiche nella tipologia della manovra nave. Parliamo di un periodo nel quale erano molto rari i dispositivi che permettevano di manovrare le macchine dal ponte di comando: generalmente dal ponte di comando – attraverso il telegrafo – venivano dati comandi al locale macchina per variare l’andatura ed il senso di marcia. L’attuazione di quanto richiesto era compito del personale di macchina.
Ma vediamo in sintesi come è cambiata la manovra da vapore a diesel:
sostanzialmente il Comandante che manovrava una nave a turbina, doveva considerare che i tempi di risposta della macchina erano condizionati dalla velocità con la quale le caldaie riuscivano a mantenere la pressione di esercizio all’apertura di vapore alle macchine. Inoltre doveva essere ben presente il fatto che la potenza in marcia AD poteva essere un terzo di quella in marcia AV (turbine con potenze di 30.000 CV in marcia AV, avevano in marcia AD 11.000 CV).
Quindi il Comandante doveva “anticipare” le manovre per ottenere gli effetti di marcia ed evoluzione voluti.
Con l’avvento del diesel, dove la potenza in marcia avanti è uguale a quella della marcia addietro, ed i ritardi tra comando e risposta sono minimi, i Comandanti hanno sostanzialmente modificato il loro modo di operare. A mio avviso, le manovre con motori diesel, erano più veloci, ma i comandi dovevano essere limitati nel tempo: infatti per i motori collegati con eliche a pale fisse, e quindi reversibili, ogni variazione da fermo a marcia avanti o indietro, era prodotto dall’avviamento.
Generalmente questo avviamento avviene con l’introduzione di aria compressa (30 Kg/cmq) nei pistoni per creare il movimento necessario al passaggio a combustibile ed all’auto-sostentamento della rotazione. Da qui l’attenzione del Comandante nel limitare il numero degli avviamenti ed evitare che i compressori d’aria preposti non riuscissero a compensare i consumi.

Oggi l’evoluzione tecnologica della propulsione navale integrata con l’elettronica hanno cancellato le situazioni sopra descritte : le manovre vengono fatte dal ponte di comando e non è rara la presenza sul ponte del Direttore di macchina.
Ma vediamo sinteticamente come oggi il motore diesel viene impiegato per la propulsione navale.
Generalmente le grosse navi da carico (petroliere, bulk, container) sono motorizzate con motori diesel a 2 tempi – magari a corsa lunga – reversibili e collegati direttamente all’elica a pale fisse .
Per la produzione elettrica, sono impiegati diesel/generatori a 4 tempi integrati in alcuni casi da un alternatore asse impiegato durante la navigazione.
I motori a 4 tempi, semiveloci e veloci, per le dimensioni ridotte e per le potenze importanti che esprimono, oggi trovano ampio impiego su navi ro-ro, traghetti e navi passeggeri.
Come già abbiamo accennato, questi motori non possono essere collegati direttamente con l’elica, ma necessitano di un riduttore di giri.
Così sullo stesso asse possono essere montati due, tre ed anche quattro motori attraverso frizioni (pneumatiche o idrauliche) con il risultato dei seguenti vantaggi:
- maggiore sicurezza dovuta al fatto di non dovere dipendere da un solo motore di propulsione;
- possibilità di variare la potenza facendo funzionare i motori con carichi ottimali per i consumi;
- facoltà di effettuare manutenzione su di un motore anche in navigazione (questo grazie alle frizioni).
L’elevata potenza elettrica – impiegata sulle navi passeggeri – per i servizi di bordo estranei alla propulsione (condizionamento, cucine, lavanderie, eliche di manovra etc.) ha suggerito la realizzazione di propulsioni diesel elettriche: diversi diesel generatori producono corrente a MT (da 6000 a 11000 volts) e le eliche sono mosse da motori elettrici o più recentemente da propulsori “POD” .
Il pod rappresenta la versione di propulsione azimutale che più si è sviluppata dagli anni ’90.
Il propulsore pod è un modulo sistemato nella zona di poppa, può ruotare di 360° intorno al proprio asse verticale e contiene al proprio interno un motore sincrono che aziona un’elica a pale fisse.
Un ultimo cenno alla propulsione attuale: le turbine a gas hanno avuto un forte impulso nell’installazione su navi passeggeri e questo in particolare per navi che operando nei mari dell’Alaska e dei Paesi Baltici, devono rispettare le leggi sul contenimento delle emissioni atmosferiche.
Così è sempre più facile vedere navi pax con turbogas posti nella zona dell’albero o nella ciminiera (navi Princess): i turbogas, collegati con generatori elettrici, sostituiscono i diesel quando la nave opera in zone geografiche con limitazione di emissioni nocive, o possono integrare la potenza della centrale diesel elettrica.

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